Come terapeuta analitico transazionale mi pongo con il paziente in una relazione alla pari: lavoriamo insieme per risolvere la problematica psicologica e ottenere un cambiamento.
Eric Berne, il fondatore dell’AT, diceva che i terapeuti dovrebbero parlare in modo da farsi capire anche da un bambino di otto anni, per questo nell’interazione terapeutica utilizzo sempre un linguaggio semplice, ricco di immagini, che permette a chiunque, indipendentemente dal livello di istruzione o dalle competenze e conoscenze, di comprendere i propri processi psichici e le dinamiche disfunzionali che lo bloccano. All’inizio stipuliamo un “contratto di terapia” in cui il paziente decide cosa vuole cambiare e si pone degli obiettivi concreti, raggiungibili e verificabili per raggiungere il cambiamento.
I sintomi o le modalità disfunzionali su cui ci focalizziamo possono riguardare l’area emotiva, cognitiva, comportamentale o somatica (anche contemporaneamente). Inizio lavorando sul livello in cui il paziente si sente più a suo agio, per poi andare a stimolare quelli in cui presenta maggiori difficoltà. Le sedute si incentrano sul qui e ora, l’attenzione è posta sempre su quello che non funziona adesso e su come star meglio nel futuro, i riferimenti al passato sono utilizzati in funzione del cambiamento desiderato.
Al termine del percorso vi è una fase di riapprendimento: il paziente ha imparato nuove modalità di funzionamento alternative a quelle che lo facevano stare male e le può sperimentare in situazioni concrete, affrontando le situazioni quotidiane con maggior serenità ed efficacia.